Pa Croce Verde Castelnovo ne’ Monti dal 2010 è fornitore di veicoli ad uso speciale per il Servizio di Staffetta Equipe Medica dei Trapianti e Trasporto Organi Umani a scopo terapeutico su tutto il territorio nazionale con prelievo dei chirurghi prevalentemente dagli ospedali afferenti l’area AIRT ( Associazione Interregionale Trapianti)
P.A. Croce Verde Castelnovo ne’ Monti è fornitore di veicoli utilizzati per il servizio di trasporto organi e materiale ematico per l’AUSL locale e per il 118 Reggio Emilia.
Trasporto Organi ed Equipe Mediche in tutto il territorio Nazionale per servizi di Trapiantologia a fini di cura.
I Mezzi utilizzati per il trasporto Organi ed Equipe sono i seguenti
La Legge n. 91/1999, art. 10, comma 6 assegna al Centro Nazionale Trapianti le seguenti funzioni:
- Coordina le attività di raccolta e di trasmissione dei dati relativi alle persone in attesa di trapianto nel rispetto dei criteri stabiliti dal Centro nazionale.
- Coordina le attività di prelievo e i rapporti tra i reparti di rianimazione presenti sul territorio e le strutture per i trapianti, in collaborazione con i coordinatori locali.
- Assicura il controllo sull’esecuzione dei test immunologici necessari per il trapianto avvalendosi di uno o più laboratori di immunologia per i trapianti allo scopo di assicurare l’idoneità del donatore.
- Procede all’assegnazione degli organi in applicazione dei criteri stabiliti dal Centro nazionale, in base alle priorità risultanti dalle liste delle persone in attesa di trapianto.
- Assicura il controllo sull’esecuzione dei test di compatibilità immunologica nei programmi di trapianto nel territorio di competenza.
- Coordina il trasporto dei campioni biologici, delle equipe sanitarie e degli organi e dei tessuti nel territorio di competenza.
- Cura i rapporti di collaborazione con le autorità sanitarie del territorio di competenza e con le associazioni di volontariato.
I Centri Interregionali costituiti in Italia sono:
NITp – Nord Italia Transplant program
Presidente: Prof. Cristiano Martini
Coordinatore: Dott. Mario Scalamogna
c/o Centro Trasfusionale di Immunologia dei Trapianti
Ospedale Maggiore Policlinico
Via F. Sforza, 36 -20122 Milano
Tel: 02/55034015
Fax: 02/55034086
e-mail: info@nitp.org
Sito web: www.nitp.org
OCST – Organizzazione Centro Sud Trapianti
Presidente: Dott. Vito Gaudiano
Coordinatore: Dott. Renzo Pretagostini
c/o Istituto II Clinica Chirurgica, Policlinico Umberto I
V.le del Policlinico, 155 – 00161 Roma
Tel: 06/4463186
Fax: 06/4456296
e-mail: ocst@uniroma1.it
AIRT – Associazione InterRegionale Trapianti
Presidente: Prof. Franco Filipponi
Coordinatore: Dott.ssa Lorenza Ridolfi
c/o Centro Trapianti
Policlinico Sant’Orsola
Via Massarenti, 9 – 40138 Bologna
Tel: 051/6363664/5
Fax: 051/6364700
E-mail: cir@airt.it
Sito web: www.airt.it
IL PROCESSO DI DONAZIONE-PRELIEVO-TRAPIANTO: ANALISI DELLE PROCEDURE E CRITICITÀ
A cura del Dott. Sante Venettoni
Dirigente Area Medica del Centro nazionale Trapianti e membro della Commissione nazionale per la sicurezza dei trapianti
Per arrivare al completo governo clinico del processo donazione-trapianto, premessa irrinunciabile è che la qualità gestionale dei centri di coordinamento (locale, regionale e interregionale) sia di
prim’ordine e di alto livello. Essa deve essere riconosciuta come capace di offrire la massima garanzia operativa possibile in termini di efficienza e di efficacia a tutto il sistema. Ciò premesso,
per arrivare alla comprensione di un sistema così complesso e articolato, è necessario partire dal check-up gestionale del percorso operativo che, dall’individuazione del potenziale donatore, porta
al trap
ianto. Nel fare ciò, l’approccio migliore è rappresentato dalla descrizione del processo in ogni sua fase (filiera), dall’analisi dei processi operativi e decisionali attraverso l’esame delle loro
componenti (tipologia di pazienti trattati e unità partecipanti) nonché dai compiti e comportamenti operativi richiesti (risorse umane coinvolte, procedure e metodi adottati). Nell’esperienza italiana,
dalla segnalazione del donatore all’atto operatorio del trapianto, trascorrono mediamente 10 ore. In questo arco di tempo più di 100 persone, di discipline e strutture diverse, spesso situate in più città,
interagiscono con l’evento donazione-prelievo-trapianto. In queste ore è necessario accertare e certificare la morte secondo i criteri stabiliti di legge; valutare l’idoneità del donatore nonché dei
singoli organi e tessuti; consultare le liste di attesa e individuare, attraverso i sistemi informatici, i possibili riceventi; eseguire i test immunologici per verificare la compatibilità donatore-ricevente;
assegnare i diversi organi disponibili ai pazienti selezionati, garantendo innanzitutto le urgenze e i programmi nazionali; attivare i necessari mezzi di trasporto (auto, ambulanze, aerei, elicotteri ecc.)
per il trasporto di campioni biologici ed équipe da e per diverse località; convocare i riceventi nei centri di trapianto e valutarne le condizioni cliniche; eseguire il prelievo di organi-tessuti, redigere e
raccogliere i verbali previsti, chiudere il processo con la trasmissione informatica dell’evento al CNT e farsi carico del follow-up dei pazienti trapiantati. Tutto il processo si snoda attraverso le
rianimazioni, le Direzioni Aziendali, i centri di coordinamento, i laboratori di immunologia, i laboratori e i servizi di diagnostica, i centri di trapianto, le centrali di soccorso e le compagnie di
trasporto. Un grande coinvolgimento quindi di competenze non solo cliniche, chirurgiche e immunologiche, ma anche logistiche che devono integrarsi le une alle altre in una perfetta armonia.
E’ evidente che in un quadro così grande e complesso l’aspetto organizzativo-gestionale gioca un ruolo determinante richiedendo l’impegno professionale di personale esperto ai vari livelli della
filiera con una ripartizione di compiti e ruoli tale da rendere fluida ogni fase dell’intero percorso.
Di seguito vengono descritte sinteticamente le principali fasi dell’intero processo. L’ordine con cui vengono riportate, pur avendo una sua logica sequenziale, non rappresenta un riferimento assoluto
essendo alcune di queste eseguibili in contemporanea o invertite. Tuttavia volendo sintetizzare l’intero processo possiamo scomporlo nelle seguenti fasi:
1. Individuazione del potenziale donatore (Coordinatore locale, Rianimatore);
2. Diagnosi, accertamento e certificazione della morte (Rianimatore e/o coordinatore locale, commissione);
3. Segnalazione del potenziale donatore al CRT/CIR di afferenza (Rianimatore e/o coordinatore locale);
4. Prima valutazione di idoneità (Rianimatore e/o CL, Coordinamenti, second opinion);
5. Mantenimento (Rianimatore);
6. Colloquio con i familiari (Rianimatore e/o CL);
7. Prelievo linfonodi e sangue periferico per caratterizzazione immunologica (CL, Chirurgo locale,personale di T.I.)
8. Consultazione delle liste e allocazione (Coordinamenti CIR/CRT, Centri di trapianto);
9. Approfondimenti diagnostico-strumentali (es. arteriografia, angio-tac, coronarografia)(rianimatore, CL, Sevizi di diagnostica, personale sanitario);
10. Prelievo di organi e tessuti e seconda valutazione di idoneità (Chirurghi prelevatori, second opinion);
11. Chirurgia di banco e terza valutazione di idoneità (Chirurghi trapiantatori, Anatomia patologica);
12. Trapianto (Chirurghi trapiantatori, Servizi di diagnostica);
13. Follow-up (Centri trapianto e/o unità specialistiche di provenienza del paziente).
14. Aspetti logistici relativi ai trasporti di equipe e materiali biologici (Centri di coordinamento, centri di trapianto, servizi di trasporto);
1. Individuazione del potenziale donatore
Per migliorare la ricerca di tutti i potenziali donatori, è necessario individuare e monitorare i percorsi interni alla struttura, dove solitamente transitano i neurolesi nel loro primo soccorso all’interno
dell’Ospedale. Ciò permette di avere in tempo reale sia la conoscenza dei soggetti che potenzialmente potrebbero diventare donatori, sia la loro esatta collocazione all’interno
dell’Ospedale. Le strategie di monitoraggio del neuroleso prevedono l’assiduo controllo del decorso clinico. A tale fine, la collaborazione con la Direzione Sanitaria e i Servizi di diagnostica
strumentale (neuroradiologia, TAC) è indispensabile per istituire un registro di neurolesi dei quali quotidianamente seguirne l’evoluzione clinica. Altrettanto utile è la possibilità di accedere al
controllo dei decessi verificatisi nei vari reparti durante le 24 ore precedenti, al fine di individuare tutti i potenziali donatori di soli tessuti (donatori a cuore fermo).
Criticità
– mancata individuazione del percorso che solitamente segue il neuroleso;
– inadeguata integrazione del CL con i servizi di diagnostica dell’ospedale;
Conseguenze
– mancata segnalazione di tutti i decessi dell’ospedale;
– mancata identificazione dei potenziali donatori di organi e tessuti;
2. Diagnosi, accertamento e certificazione della morte
Nei soggetti affetti da lesioni encefaliche sottoposti a misure rianimatorie che presentano le condizioni previste dalla Legge n. 578 del 29 dicembre 1993 e dal relativo Decreto n. 582 del 22
agosto 1994, il medico della struttura sanitaria che ha in carico il soggetto deve dare immediata comunicazione alla Direzione Sanitaria dell’esistenza di un caso di morte per cessazione
irreversibile di tutte le funzioni dell’encefalo. Viene quindi attivato il Collegio medico (Rianimatore, Medico legale, Neurologo) che procederà all’accertamento e certificazione della morte secondo criteri neurologici.
Criticità
– mancata comunicazione alla Direzione Sanitaria;
– mancata attivazione del collegio me
dico per l’accertamento e la certificazione di morte;
Conseguenze
– mancata applicazione della normativa di riferimento;
– perdita del potenziale donatore;
– mancata possibilità di trapianto per i pazienti in lista di attesa;
– occupazione impropria di posto letto con sottrazione di possibilità di cura per altri pazienti
3. Segnalazione del potenziale donatore al CRT/CIR di afferenza
Al momento della segnalazione del potenziale donatore, il rianimatore e/o il Cl della struttura che ha in carico il soggetto, trasmette al CRT/CIR la scheda di segnalazione con tutte le informazioni
disponibili al momento. Le notizie dettagliate da raccogliere e trasmettere con la scheda di segnalazione sono riportate al punto 4. del presente documento. E’ tuttavia indispensabile avere già
disponibili, all’atto della segnalazione, la causa di morte, l’età, l’anamnesi, il gruppo sanguigno del donatore (referto originale) e i principali dati di laboratorio compresa la sierologia (quest’ultima con
referto originale) nonché i dati antropometrici e emodinamici. E’ importante conoscere anche il timing del periodo di osservazione e se il soggetto è a disposizione dell’autorità giudiziaria.
Criticità
– mancata identificazione della causa di morte;
– segnalazione tardiva rispetto alla fine del periodo di osservazione;
– segnalazione carente di informazioni indispensabili per una prima valutazione;
– impossibilità di eseguire alcune indagini;
– difficoltà nel reperimento del Magistrato di turno nel caso di soggetto sottoposto a valutazione da parte
dell’Autorità Giudiziaria.
Conseguenze
– impossibilità di quantificare eventuali fattori di rischio legati alla causa di morte (rischio di non utilizzo);
– mantenimento del donatore oltre il periodo di osservazione previsto;
– difficoltà organizzative e logistiche delle equipe di prelievo;
– rischio di deterioramento del donatore;
– mancato ricevimento del nulla osta (referto scritto) da parte dell’Autorità Giudiziaria;
– Stallo temporaneo del processo.
4. Prima valutazione di idoneità
Le attuali procedure di valutazione dei potenziali donatori prevedono i seguenti step: anamnesi da raccogliere tramite i familiari e relativa i seguenti aspetti: abitudini sessuali, uso di
sostanze stupefacenti, malattie preesistenti quali malattie autoimmuni, infettive, neoplastiche, malattie ad eziologia completamente o parzialmente sconosciuta. L’anamnesi indaga anche la
possibile presenza di malattie infettive diffusive in atto in altri membri della famiglia (es: malattie esantematiche in fratelli di donatore pediatrico). In assenza di un famigliare i dati anamnestici
vengono cercati anche presso conviventi, conoscenti, medico curante. esame obiettivo: ha lo scopo di evidenziare segni riferibili a malattie trasmissibili, di tipo infettivo
o neoplastico. L’ esame obiettivo esterno deve riguardare quantomeno i punti elencati di seguito: cicatrici cutanee; ittero; tatuaggi (possibile rischio di infezione); esantemi (particolarmente in
soggetti pediatrici); segni palesi di uso di stupefacenti; palpazione della tiroide, della mammella, dei testicoli, di linfoadenopatie superficiali; esplorazione rettale in caso di donatore maschio di oltre 50 anni.
Esami strumentali: Rx torace; ecografia addominale superiore ed inferiore (pelvica); ECG; ecocardiografia nei potenziali donatori di cuore; Indagini aggiuntive quali: visita urologia, ecografia
prostatica transrettale; ecografia tiroide, mammella, testicolo; TC toraco-addominale e visita senologica su indicazione clinica.
Esami colturali: sangue, urine, escreato (refertabili dopo il trapianto se il donatore non ha evidenti segni di infezione in atto.
Valutazione biochimica: Emocromo con formula; Piastrine; Creatininemia; Azotemia; Elettroliti serici; Protidemia totale; Albuminemia; Amilasi; CPK – CPK-MB; Troponina; Glicemia; LDH;
GOT; GPT; Bilirubina totale e diretta; Fosfatasi alcalina; GammaGT; PT PTT fibrinogeno; Es.urine completo; Emogasanalisi di base. Nonché i seguenti esami da eseguire su richiesta:
Trigliceridi; Ac. Urico; Colesterolo; Tracciato elettroforetico delle proteine (per donatore >50anni); Lipasi; AT III FDP; D-Dimero; Emogasanalisi al 100% di ossigeno nei potenziale donatore
di polmone; PSA (total/free) nei maschi di età > 50 anni; BetaHCG ( ogni volta che la causa di una emorragia cerebrale spontanea non è certa); Esame tossicologico su sangue e urine.
Valutazione sierologica: HIV (anticorpi); HCV (anticorpi); HBV (antigeni, anticorpi, anti-core su prelievo di sangue possibilmente pre-trasfusione); HDV (indispensabile nei pazienti già HBsAg
positivi); Lue (TPHA/VRDL) nonche i seguenti ulteriori accertamenti eseguibili anche dopo trapianto CMV (anticorpi IgG e e IgM; HSV-1 e 2 (anticorpi IgG); EBV (anticorpi VCA-IgG e
EBNA; VZV (anticorpi IgG); Toxoplasma (anticorpi).
Indagini biomolecolari supplementari: HIV-RNA; HCV-RNA; HBV-DNA da effettuare a donatori per i quali l’anamnesi, l’esame obiettivo o i risultati di esami di laboratorio facciano emergere dubbi:
Criticità
– anamnesi (per quanto esaustiva è sempre raccolta attraverso un terzo soggetto!);
– mancata responsabilizzazione dei servizi di diagnostica biochimica, sierologia, strumentale;
– mancata adozione nell’ospedale di protocolli operativi preferenziali per la diagnostica sul potenziale donatore;
– effettuazioni delle indagini sierologiche su campioni di sangue ottenuti dopo emodiluizione;
– mancata trasmissione dei referti originali;
– impossibilità di eseguire alcune indagini.
Conseguenze
– necessità di approfondire dubbi anamnestici con indagini mirate;
– assenza di consapevolezza rispetto alle necessità di una diagnostica rapida e sicura;
– ritardi sulle procedure di valutazione, e stallo temporaneo del processo;
–
risultati delle indagini sierologiche scarsamente attendibili con possibilità di falsi negativi o positivi,
– possibile incongruenza tra quanto comunicato telefonicamente e/o trascritto dall’operatore con quanto riportato nel referto;
– impossibilità di quantificazione del rischio e probabile arresto del processo.
NB: Per una corretta tracciabilità del percorso gestionale messo in atto è necessario:
a) classificare i campioni biologici prelevati dal donatore identificando le provette con nome, cognome, data di nascita, data di prelievo e denominazione della rianimazione;
b) identificare le provette da archiviare tramite etichette resistenti alle temperature di conservazione riportando come codice il numero seriale del CNT (cod. don. SIT) e la tipologia di campione;
c) garantire la corretta conservazione del campione con apparecchi di conservazione dotati di sistemi di monitoraggio della temperature, di sistemi di allarme nonché di sicurezza;
d) trascrivere su supporto informatico l’identificativo del campione, la data di archiviazione, la provenienza, la posizione assegnata nell’apparecchio di conservazione, il nome dell’operatore che ha eseguito l’operazione.
5. Mantenimento
Il cadavere a cuore battente presenta una situazione fortemente instabile per la perdita definitiva delle capacità di autoregolazione e automodulazione. Il Rianimatore quindi dovrà attuare una serie
di misure di monitoraggio che, pur essendo routinarie nel soggetto clinicamente impegnato, è tuttavia utile ricordare:
– il monitoraggio emodinamico; che comprende il controllo continuo della pressione arteriosa sistemica; il controllo della pressione venosa centrale (CVP) e quando necessario le pressioni
polmonari (PAP); la pressione di incuneamento (PAWP) e, attraverso il posizionamento del catetere di Swan Ganz, la gittata cardiaca (CO). Se disponibile è consigliabile effettuare anche il
monitoraggio volumetrico (COLD/PiCCO) che consente una misurazione attendibile della quota di acqua polmonare extravascolare.
– Il monitoraggio della funzione respiratoria che, attraverso l’esecuzione di ripetute emogasanalisi (EGA) e valutazioni dell’equilibrio acido-base (EAB), consentono di osservare ed eventualmente
correggere i parametri ventilatori ed ossigenativi.
– Il monitoraggio della diuresi che è necessario per trattare eventuali alterazioni del bilancio idrico (oliguria, diabete insipido, anuria).
– Il monitoraggio della temperatura corporea interna che viene generalmente effettuata tramite sonde termometriche poste in faringe o nel retto, o attraverso un catetere in arteria polmonare per
la rilevazione della temperatura centrale.
– Il monitoraggio metabolico attraverso la ripetizione di esami ematochimici (test coagulativi,emocromo, elettroliti, glicemia, etc.)
Non bisogna dimenticare che nel soggetto in morte cerebrale possono verificarsi alterazioni dell’omeostasi (ipotensione arteriosa, ipossiemia, aritmie cardiache, alterazioni endocrinometaboliche
etc.) che devono assolutamente essere contrastate, al fine di garantire la buona funzionalità degli organi da prelevare. Tra esse, particolarmente frequenti sono gli episodi di
instabilità emodinamica (ipotensione), la cui gravità dipende sia dal meccanismo di morte cerebrale,sia dai trattamenti terapeutici praticati.
L’ipotensione arteriosa è spesso dovuta alla perdita di tono vasomotorio e all’ipovolemia.
Quest’ultima si instaura perché nei soggetti in morte cerebrale, nel tentativo di contrastare l’edema cerebrale della fase iniziale, viene praticata terapia antiedemigena con diuretici osmotici o dell’ansa.
E’, quindi, indispensabile il rimpiazzo volemico con infusioni di emazie concentrate, plasma,albumina umana, cristalloidi etc.
Per finire, è buona regola incannulare sempre almeno due vene periferiche di grosso calibro,proteggere sistematicamente i bulbi oculari e provvedere alla manutenzione asettica sia del
tubo orotracheale, sia del catetere vescicale al fine di prevenire eventuali infezioni.
Criticità
– inadeguato monitoraggio dei parametri richiesti;
– ritardata o mancata attivazione di eventuali misure correttive.
Conseguenze
– inadeguato mantenimento del donatore;
– instabilità emodinamica;
– probabile perdita funzionale di alcuni organi;
– arresto cardiocircolatorio
6. Colloquio con i familiari
Gli aspetti di comunicazione e di relazione con i familiari del potenziale donatore rappresentano uno dei passaggi più critici dell’intero processo. La relazione con la famiglia inizia sin dal momento
dell’entrata del paziente in rianimazione e prescinde dal destino che avrà quel soggetto. E’ quindi importante instaurare sin dall’inizio un rapporto di fiducia tra i curanti e i familiari. Chiarezza,
trasparenza e coerenza sono approcci imprescindibili nella comunicazione con essi, soprattutto quando la gravità del quadro clinico può evolvere nella morte del soggetto. La comunicazione della
morte deve sempre precedere la proposta di donazione, anzi ai due eventi dovrebbero essere riservati due momenti diversi. Generalmente la proposta di donazione si apre con la richiesta ai
familiari se sono a conoscenza di eventuale espressione di volontà manifestata in vita dal soggetto.
In assenza di tale manifestazione è compito di chi propone la donazione sostenere i famigliari nel percorso decisionale anche con l’aiuto di un supporto psicologico. Ma per quante strategie
comunicative si possono attuare rimane sempre un momento difficile perché risente dell’ambiente, è differente di volta in volta, ha una forte componente emotiva ed è un momento che non si
esaurisce con il colloquio.
Criticità
– difficoltà nel reperire i familiari aventi diritto (soprattutto in presenza di donatori extracomunitari);
– proposta di donazione prima ancora della comunicazione della morte;
– comunicazione in ambiente non protetto e in presenza di persone estranee;
– comunicazione frettolosa con un linguaggio troppo tecnico;
– inadeguata concessione di tempo ai familiari di formulare domande o porre chiarimenti;
Conseguenze
– arresto temporaneo del processo;
– negazione della morte e incomprensione della richiesta;
– disorientamento, confusione mancato recepimento del messaggio;
– inadeguata comprensione da parte dei familiari di ciò che sta succedendo;
– stallo temporaneo del processo con allungamento dei tempi;
– delusione, insoddisfazione, percezioni represse, sfiducia nel sistema, opposizione alla donazione.
7. Prelievo linfonodi e sangue periferico per caratterizzazione immunologia
Il prelievo dei linfonodi per la caratterizzazione immunologica del soggetto è una di quelle indagini finalizzate esclusivamente al trapianto. E’ quindi opportuno procedere a tale prelievo solo dopo che
i familiari abbiano manifestato la loro volontà non contraria al prelievo di organi e tessuti. Tale aspetto per quanto posa sembrare banale o marginale a fronte della complessità di tutto il processo,
rappresenta tuttavia la sua importanza. Deve essere comunque eseguito da personale qualificato (non è infrequente l’invio di un pacchetto di grasso con la convinzione che contenga linfonodi che
invece non contiene!); oppure la conservazione degli stessi in soluzioni non sempre adeguate (ghiaccio secco!). Per ovviare a tali aspetti la tipizzazione oggi viene effettuata su prelievo di
sangue periferico rimandando il prelievo dei linfonodi (o di un cuneo della milza) al momento del prelievo degli organi.
Criticità
– prelievo di pacchetto linfonodale inguinale non adeguato (assenza di linfonodi);
– prelievo di linfonodi prima della non opposizione dei familiari;
– conservazione dei linfonodi in maniera non adeguata (formalina o ghiaccio secco);
– conservazione del sangue periferico non adeguata;
– imballaggio per il trasporto non adeguato;
– carenza di informazioni che accompagnano il materiale;
– difficoltà e/o non tempestiva attivazione del trasporto per il materiale biologico.
Conseguenze
– ritardo nella tipizzazione tissutale;
– possibili problemi medico legali;
– inutilizzabilità del campione, procedimento per la tipizzazione più lungo;
– inutilizzabilità del campione procedimento per la tipizzazione più lungo;
– errori procedurali e di identificazione del potenziale donatore
8. Consultazione delle liste e allocazione
La consultazione delle liste viene effettuata dal Centro Regionale e/o Interregionale di coordinamento a cui afferiscono le liste di attesa di ciascun centro trapianti del territorio. Ciascun
centro di trapianto trasmette in tempo reale al proprio CRT /CIR ogni nuovo inserimento di paziente nonché qualsiasi aggiornamento clinico di rilievo dei pazienti già in lista di attesa. L’immissione in
lista prevede innanzitutto la determinazione del gruppo sanguigno, la sierologia, l’età, la diagnosi di malattia, lo stato di gravità, i dati antropomentrici, la tipizzazione tissutale ed eventuale assetto
anticorpale (solo per i pazienti in lista per trapianto di rene) oltre a tutte le indagini cliniche e strumentali che ne certificano l’idoneità o il grado di rischio.
A ciascun centro regionale o interregionale viene consentito l’impiego di un proprio algoritmo di assegnazione. I criteri di assegnazione pur potendo essere diversi tra le varie regioni o aggregazioni
interregionali, si riferiscono a principi comuni, condivisi e scientificamente validi, trasparenti e documentabili ad ogni interessato che ne faccia richiesta. Generalmente per poter procedere
all’individuazione del ricevente compatibile, è necessario conoscere alcune fondamentali caratteristiche del donatore oltre che del ricevente. In primo luogo il gruppo sanguigno; quindi la
caratterizzazione immunogenetica (HLA) particolarmente importante nel caso di trapianto di rene che si ottiene mediante la tipizzazione tissutale del donatore; e il cros-match immunologico, il
match antropometrico donatore-ricevente. I vari algoritmi in uso hanno tutti in comune questi tre criteri ma si differenziano poi per altri parametri accessori che hanno la loro importanza (anzianità
di lista, trapianti singoli o combinati, primo trapianto o ritrapianto etc.). I CRT che gestiscono il donatore procedono alla segnalazione immediata dello stesso al CIR di appartenenza al fine di
soddisfare eventuali urgenze e/o restituzioni e/o programmi nazionali (pediatrico, intestino,multiviscerale, split etc.). Con l’identificazione dei riceventi vengono ovviamente e
simultaneamente individuati anche i centri di trapianto presso cui sono iscritti tali pazienti. Questi centri generalmente si fanno carico delle operazioni di prelievo degli organi assegnati nonché della
loro definitiva idoneità. Nel processo di allocazione dei vari organi è buona regola procedere con la gestione degli organi di più difficile collocazione (split, intestino e/o multiviscerale, polmone,
combinati, pancreas, cuore, fegato, rene). Sono ad oggi codificate cinque diverse modalità di allocazione: in elezione; in regime di urgenza; in regime di anticipo; in restituzione; in eccedenza.
Soddisfatti i programmi nazionali, il CRT sede del donatore può procedere alla allocazione degli organi nella propria regione. In questo caso gli algoritmi di allocazione possono essere differenti da
centro a centro anche perché influenzati dalla differente numerosità dei centri presenti in ciascuna regione e/o dalle specificità dei programmi di trapianto presenti sul territorio stesso. In particolare,
in presenza di un unico centro di trapianto la selezione del ricevente non può che avvenire sulla lista di quel centro. Nel caso di più centri, o si procede secondo un criterio di rotazione tra i centri, o
sulla base della lista unica regionale al paziente più compatibile o in più gravi condizioni.
Comunque l’una non esclude l’altra, nel senso che qualora fosse adottato il criterio di rotazione tra i centri, viene sempre selezionato il ricevente in condizioni più gravi o più compatibile di quella lista.
Criticità
– lista pazienti non aggiornata di nuovi ingressi;
– lista pazienti carente di informazioni cliniche recenti;
– mancato invio da parte dei centri dialisi dei sieri dei pazienti per lo studio anticorpale;
– impossibilità di approfondimenti diagnostici eventualmente richiesti dal centro trapianti al momento del tx.
–
Conseguenze
– mancata possibilità di selezionare per il trapianto i nuovi pazienti;
– esclusione dalla selezione per il trapianto o necessità di approfondimenti diagnostici al momento;
– esclusione dalla selezione o rischio di rigetto non valutabile in caso di trapianto;
– perdita della possibilità del trapianto da parte del paziente candidato.
NB: Per una corretta tracciabilità del percorso gestionale messo in atto è necessario:
e) Riportare per ogni donatore la scheda completa di segnalazione;
f) Riportare per ogni organo assegnato il percorso diagnostico,il centro trapianti di destinazione, il verbale di allocazione comprensivo della lista di pazienti selezionati per tale organo ;
g) Giustificare eventuali assegnazioni discordanti rispetto la graduatoria dei pazienti selezionati;
h) Chiudere la scheda con Il nome dell’operatore che ha gestito il processo;
i) trascrivere su eventuale supporto informatico interno comunque sul SIT tutta la documentazione relativa al donatore e ai riceventi.
9. Approfondimenti diagnostico-strumentali
In generale le equipe di prelievo al momento della segnalazione del donatore hanno gran parte degli elementi per una corretta valutazione dello stesso. Tuttavia non è affatto raro che, in casi particolari,
vengano richiesti esami specifici aggiuntivi. E il caso delle equipe cardiochirugiche che non sono propense ad accettare l’offerta di un cuore se le notizie cliniche e i dati relativi agli esami
strumentali del donatore sono incompleti. Spesso tali equipe rifiutano anche la possibilità di rinviare la valutazione definitiva al momento dell’ispezione macroscopica dell’organo in sede di prelievo.
E’ il caso per esempio di donatori ultra sessantenni per i quali è spesso indispensabile avere una coronarografia prima del prelievo. Oppure per i chirurghi polmonari avere una broncoscopia o
esami microbiologici dell’escreato. Inoltre in aggiunta a tali esami strumentali che vertono ad una precisa valutazione del grado di idoneità/qualità di questi organi, ci sono casi in cui
l’approfondimento diagnostico-strumentale è indispensabile per la certezza della diagnosi di morte (angiografia), per l’idoneità del donatore (TAC, ecografie, etc.) o dei singoli organi (biopsia,istologia etc.).
Criticità
– impossibilità di approfondimenti diagnostici eventualmente richiesti dai centro trapianti;
Conseguenze
– mancato utilizzo del donatore o dei singoli organi..
10. Prelievo di organi e tessuti e seconda valutazione di idoneità
Il prelievo di organi e tessuti rappresenta un passaggio fondamentale ai fini della riuscita del trapianto; insulti ischemici o lesioni iatrogene provocate durante le procedure di prelievo, possono
condizionare non poco la ripresa funzionale degli organi dopo trapianto o essere responsabili di un aumento delle complicanze tecniche al momento del reimpianto. Ciascuna equipe coinvolta per il
prelievo dei vari organi, può provenire da centri differenti e spesso lontani geograficamente, esse dovrebbero essere attese in sala operatoria generalmente dal Coordinatore locale che ha il compito
di guidare non solo la logistica, ma aiutare gli stessi nell’acquisizione dei parametri clinici o predisporre quanto necessario alle equipe nelle loro esigenze di ulteriori approfondimenti
diagnostici. Le equipe sono tenute ad accertarsi di tutti i sospetti, o elevati rischi, di malattie trasmissibili rilevati nelle fasi precedenti di valutazione. Procedono all’ispezione e palpazione degli
organi toracici (compresa l’esplorazione e la palpazione delle principali stazioni linfonodali profonde); all’ispezione e palpazione degli organi addominali (compresa quella dei reni, previa
apertura e rimozione della capsula dei Gerota e del grasso pararenale, ed ispezione della superficie convessa del rene sino al grasso ilare). Le tecniche chirurgiche variano da gruppo a gruppo quindi la
loro descrizione non è dettagliabile in questo contesto. Tuttavia è condizione importante la stabilità emodinamica del donatore a cuore battente che consente la precisa dissezione delle strutture
anatomiche principali. Nei casi di instabilità emodinamica e di pericolo di arresto cardiocircolatorio le manovre iniziali saranno indirizzate ad un rapido incannulamento aortico e clampaggio dell’aorta
sottodiaframmatica per permettere la perfusione ipotermica in situ, rimandando ad un secondo tempo l’isolamento degli elementi anatomici. Il fegato, il pancreas, l’intestino e i reni vengono
perfusi con la stessa soluzione, attraverso l’introduzione di una cannula nell’aorta distale. La perfusione ipotermica (~4 °C) costituisce il principio base della conservazione degli organi in
quanto riduce il fabbisogno di ossigeno delle cellule e adatta il loro metabolismo alla situazione di anossia in cui avviene il prelievo. Attraverso la loro azione meccanica queste soluzioni ipotermiche
lavano i vasi dagli elementi figurati che contengono, e raffreddano in modo omogeneo i tessuti che perfondono. La presenza di uno strumentista al tavolo operatorio è fondamentale come lo è
l’organizzazione della sala operatoria. Il tavolo deve essere provvisto sempre di ferri per una laparotomia, clamp vascolari e materiale per la sternotomia. Ciascuna equipe verifica la presenza
degli strumenti specifici necessari e in particolar modo il sistema di cannulazione e perfusione, la disponibilità di ghiaccio sterile tritato, nonché il materiale per la conservazione e il trasporto degli
organi a cui comunque generalmente ogni equipe provvede in maniera autonoma. Tecnicamente l’incisione di scelta è quella giugulo-pubica, quindi la posizione del donatore sul tavolo operatorio è
in decubito supino, con le braccia in abduzione totale. Il campo operatorio deve essere ampio e viene
preparato appunto dal giugulo fino al pube e lateralmente fino alle linee ascellari. I tempi
principali dell’intervento sono tre: preparazione a cuore battente; perfusione in situ; prelievo degli organi. Di regola conviene procedere alla sternotomia mediana indipendentemente
dall’effettuazione del prelievo di cuore o dei polmoni. Questo approccio permette anche una migliore esposizione del fegato e della vena cava inferiore al suo sbocco nell’atrio destro. Nella
prima fase dell’intervento, in cui viene effettuata un’iniziale valutazione macroscopica degli organi finalizzata alla valutazione di idoneità, possono coesistere al tavolo più operatori. Il cardiochirurgo,
dopo aver inciso longitudinalmente il pericardio, esegue la sua valutazione (volume cardiaco, cinetica dei ventricoli, assenza di lesioni aterosomatiche delle coronarie). Contestualmente può
operare il chirurgo prelevatore dei polmoni attraverso una visione diretta dell’albero bronchiale (broncoscopia). Effettua quindi l’apertura delle pleure mediastiniche e procede alla visione diretta
del parenchima polmonare. A questo punto il chirurgo prelevatore del fegato e degli organi addominali procede ad un’accurata esplorazione manuale dei visceri splancnici al fine di escludere
la presenza di neoformazioni. Se gli organi sono ritenuti idonei si procede con l’incisione del peritoneo parietale posteriore per visualizzare l’aorta e la vena cava inferiore per le successive
manovre di cannulazione. Prima della fase di incannulazione e della perfusione rientra al tavolo operatorio l’equipe cardiochirurgica per la cannulazione dell’aorta ascendente tramite la quale
procede all’ infusione della soluzione cardioplegica. Il tempo della dissezione a cuore battente termina qui, viene realizzata un’eparinizzazione sistemica e si procede al prelievo degli organi. Il
cuore viene prelevato per primo, quindi il prelievo del blocco bipolmonare e in contemporanea il prelievo di fegato e pancreas e di seguito il prelievo dei reni. Tali tempi chirurgici possono essere
modificati se si effettua il prelievo del fegato con tecnica split (divisione in due parti per due differenti riceventi) o se c’è da prelevare l’intestino. Comunque tutti gli organi prelevati vengono
poi preparati con la chirurgia di banco prima del trapianto. Al termine del prelievo degli organi, il coordinatore locale organizza le fasi dedicate al prelievo dei tessuti sulla base degli accordi
precedentemente pianificati con le varie equipe di prelievo e con le banche dei tessuti interessate.
Criticità
– prelievi affidati a chirurghi in formazione;
– presenza contemporanea in sala operatoria di più equipe chirurgiche;
– impossibilità di eseguire eventuali esami istologici estemporanei;
– personale di sala non adeguatamente formato per le procedure di prelievo;
– personale di sala non informato sul programma di prelievo (timing, equipe e organi da prelevare)
– personale di sala non a conoscenza delle fasi chirurgiche (es. split, intestino, etc.)
Conseguenze
– possibili lesioni iatrogene, inadeguata capacità valutativa di idoneità o non idoneità;
– caotica organizzazione delle fasi chirurgiche e possibili diverse esigenze di supporto;
– rischio di valutazione di idoneità o non idoneità carente o non corretto;
– inadeguato supporto organizzativo-gestionale nelle procedure chirurgiche;
– rischio di non prelevare adeguatamente uno o più organi;
– perdita della possibilità del trapianto da parte del paziente candidato
11. Chirurgia di banco e terza valutazione di idoneità
Il momento della chirurgia di banco è l’ultimo passaggio utile ai fini della sicurezza prima del trapianto. Ogni chirurgo, prima di iniziare il trapianto, attua questa fase. Essa consente, soprattutto
nel caso di organi provenienti da altri centri di prelievo, di effettuare non solo la valutazione di idoneità definitiva ma anche la correzione di eventuali anomalie anatomiche e/o ricostruzioni utili e
necessarie alla buona riuscita del trapianto stesso. Qualora il chirurgo responsabile del trapianto avesse, in questa fase, dubbi sulla qualità dell’organo o peggio ancora dubbi sul rischio di
trasmissione di patologie dell’organo non riscontrate nelle fasi precedenti (neoformazioni sospette) tali da mettere in discussione l’idoneità del donatore, il processo andrebbe sicuramente in crisi
anche perché non si può escludere la possibilità che alcuni trapianti siano stati già effettuati. Per tale motivo è stata più volte richiamata l’utilità di procedere alla chirurgia di banco contestualmente al
prelievo o al massimo appena rientrati nella sede del trapianto.
Criticità
– mancata o tardiva verifica sullo stato di conservazione dell’organo;
– mancata trasmissione della scheda di accompagnamento dell’organo soprattutto quando il prelievo è stato eseguito da equipe diversa da quella del trapianto (la scheda prevede: descrizione del prelievo, tempi di perfusione e qualità
della stessa, descrizione di eventuali anomalie vascolari o lesioni);
– mancato o tardivo riconoscimento di anomalie vascolari o lesioni iatrogene o di lesioni sospette;
– necessità urgente di attivare il servizio di anatomia patologica per approfondimenti diagnostici;
Conseguenze
– organo non conservato adeguatamente possibili lesioni traumatiche da ghiaccio, stato di sofferenza;
– non ripresa funzionale dell’organo;
– mancanza di elementi per la valutazione qualitativa e funzionale dello stato dell’organo;
– rischio di non adeguata o non corretta informazione al ricevente sull’organo che sta per ricevere;
– rischio di trasmissione di eventuali neoplasie con il trapianto.
12. Trapianto
Il trapianto rimane ancora oggi una procedura chirurgica particolarmente impegnativa e complessa che consiste generalmente nella rimozione di un organo irreversibilmente ammalato e la sua
sostituzione con un organo sano. Diciamo generalmente perché è quello che succede nella maggior parte dei trapianti, ma
non è infrequente l’impianto del nuovo organo come ausiliario a quello
nativo o come nel caso del trapianto del rene l’impianto dello stesso in sede diversa (eterotopica)da quella naturale (il rene viene impiantato in fossa iliaca lasciando gli organi nativi del paziente nella
loro sede naturale). Comunque ancora oggi viene considerato l’atto estremo della chirurgia sia da un punto di vista tecnico, per l’elevata complessità della prestazione, sia da un punto di vista
organizzativo, per la necessità di disporre di numerose competenze specialistiche data la natura multifattoriale delle patologie che con esso vengono trattate. E’ comunque il coronamento di un
lungo percorso che ha visto impegnate diverse figure professionali che si sono alternate nel processo di cura del paziente e nell’assistenza del donatore. Rappresenta quindi un momento di
grande responsabilità non solo del chirurgo trapiantatore ma di tutto il sistema trapianti. La durata chirurgica dell’intervento è diversa da trapianto a trapianto e varia dalle 2 alle 15 ore. Vede
impegnata non solo l’equipe di trapianto ma l’intera struttura dove essa ha sede. La fase che precede il trapianto prevede la convocazione del o dei potenziali riceventi; la loro accoglienza; gli
approfondimenti clinici e diagnostici richiesti dall’intervento e la preparazione specifica per l’intervento stesso. E’ quindi fondamentale avere la collaborazione di tutti i servizi interni alla
struttura (laboratori, servizi di diagnostica, consulenze specialistiche etc.). L’esigenza di adottare e rispettare procedure organizzative codificate ed efficienti che ne possano assicurare un normale e
produttivo svolgimento risponde, quindi, ad una reale necessità.
Criticità
– irreperibilità del paziente selezionato;
– aspetti logistici per la convocazione e il trasporto del paziente presso il centro trapianti entro brevissimo tempo;
– accoglienza, valutazione e preparazione del paziente per il trapianto;
– scarsa collaborazione/sensibilizzazione dei servizi di supporto interni alla struttura del centro trapianti;
– scelta della sede di trapianto per i trapianti combinati (es. rene-cuore, fegato-polmoni etc.)
– tardiva comunicazione alla terapia intensiva di appoggio dell’imminente trapianto (solo per i trapianti complessi che richiedono un’immediata degenza post trapianto in ambiente intensivo);
– mancata o tardiva comunicazione al centro trasfusionale della struttura dell’imminente trapianto;
Conseguenze
– rischio di non effettuazione del trapianto sul paziente selezionato;
– rischio di non effettuazione del trapianto e possibile perdita dell’organo per l’impossibilità di eseguire approfondimenti clinici e diagnostici eventualmente richiesti (può succedere che sia l’anestesista, che non sempre
conosce i pazienti, a richiederli all’ultimo momento!);
– effettuazione del trapianto in una sede autorizzata per una tipologia di trapianto ma non per l’altra, difficoltà nella presa in carico del paziente nel post trapianto (responsabilità, competenze, assistenza non appropriata);
– mancanza di posto letto in terapia intensiva;
– difficoltà nel rendere disponibili unità di sangue per eventuali trasfusioni.
13. Follow-up
Per follow-up si intende la pianificazione e l’esecuzione dei controlli sul paziente dopo l’atto chirurgico di trapianto e per tutto il periodo necessario alla stabilizzazione delle condizioni cliniche.
Nell’eventualità che il centro effettui trapianti da donatore vivente, la pianificazione e l’esecuzione dei controlli riguarderà anche il donatore che sarà seguito nel follow-up per tutto il tempo
necessario. Al termine di tale periodo il paziente stabilizzato viene affidato nuovamente alle unità operative di riferimento, che continuano a seguirlo secondo protocolli concordati con il centro
trapianti. Qualora un paziente decida di farsi seguire da altro centro diverso da quello dove è stato eseguito il trapianto, è obbligo di questo secondo centro fornire al primo i dati di follow-up. Il
centro trapianti rimane sempre comunque il referente per il CNT, tramite il CRT/CIR competente, per le notizie relative a tutti i pazienti trapiantati. Il centro trapianti invia al CNT, tramite il
CRT/CIR competente, i dati di follow-up dei pazienti trapiantati e, nel caso di trapianti da donatore vivente, anche del donatore, secondo la modulistica e le modalità concordate. Il Centro Nazionale
Trapianti, tramite il CIR competente, fornisce le elaborazioni statistiche di quantità e qualità ad ogni centro trapianti che ne faccia richiesta. Il follow-up non rappresenta quindi la fine del processo anzi,
con il follow-up si chiude solo una prima parte del percorso assistenziale del paziente e se ne apre un’altra altrettanto complessa che richiede altrettanta attenzione e competenza.
Criticità
– mancata identificazione del titolare del follow-up;
– alternanza degli interlocutori.
Conseguenze
– discontinuità relazionale medico-paziente
– difficoltà di integrazione operativa tra specialista e MMG;
– difformità nelle modalità prescrittive e di presa in carico;
– possibile duplicazione degli interventi;
– gestione non personalizzata del follow-up
14. Logistica
La logistica è un aspetto trasversale a tutto il processo nel senso che l’insieme delle attività organizzative e gestionali di supporto, sono richieste in ogni fase della filiera. Attraverso la logistica
si pianificano e coordinano tutte le attività necessarie per raggiungere il livello di servizio desiderato nel minor tempo possibile. Queste attività comprendono il trasporto di equipe, organi,
materiale biologico (donatore-ricevente) e tutto ciò che è attinente con il processo donazionetrapianto comprese, in alcuni casi, le attrezzature e il trasporto dei pazienti. Deve quindi essere vista
come il collegamento naturale tra i vari punti della rete e l’ambiente operativo dei centri di coordinamento locali, regionali e interregionali. E’ indubbiamente uno degli aspetti più importanti
dell’intero sistema trapianti. La gestione non corretta degli aspetti logistici può provocare ritardi e/o problematiche anche serie in ogni punto del processo. Partendo da questi presupposti il Centro
Nazionale Trapianti ha recentemente formulato alcune raccomandazioni relative alla gestione dei trasporti connessi alle attività trapiantologiche. In particolare è stato raccomandato che ogni regione
individuasse una struttura sul territorio, anche diversa dal CRT o CIR (es. 118), purché dotata di centrale operativa h24 per tutto l’anno e operasse in stretto contatto con i relativi centri di
coordinamento quale responsabile della gestione delle attività di trasporto. In queste raccomandazioni è stato espressamente chiesto che gli automezzi fossero disponibili nell’ambito del
territorio dei centri di trapianto e che gli aeromobili fossero attivabili preso gli aeroporti più vicini a ogni centro di trapianto. Ogni regione ha quindi provveduto a quanto disposto operando
convenzioni con soggetti privati previa documentata esistenza della rispondenza dei mezzi alle norme e ai regolamenti che disciplinano i trasporti. E’ stato inoltre raccomandato che il ricorso a
mezzi militari fosse riservato solo a casi eccezionali o a situazioni di emergenza. Il dettaglio delle disposizioni sono contenute nel “protocollo trasporti” dove vengono descritte le modalità operative,
la tipologia dei mezzi e i sistemi di controllo per verifica dei servizi.
Sintesi
Nella gestione del processo donazione-prelievo-trapianto, la fase definita “volontaristica“ nella quale l’entusiasmo ed il consenso degli operatori potevano e dovevano risolvere problemi
procedurali e logistici, non è più giustificabile. Per affrontare i bisogni di salute dei pazienti in attesa, in termini di numerosità degli organi procurati, di sicurezza e di qualità degli stessi, è oggi
necessario strutturare il percorso di gestione in più fasi, definire per ciascuna fase i processi, gli attori, le responsabilità e certificare in modo corretto ciò che si è realizzato. In altre parole, è
necessario inserire nel processo di gestione elementi di stabilità, qualità e garanzia che assicurino, nel pieno rispetto dei principi etici e di umanizzazione, l’adeguata professionalità all’intero
percorso.